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                                     Eduardo De Filippo

 

« ...quando sono in palcoscenico a provare, quando ero in palcoscenico a recitare... è stata tutta una vita di sacrifici. E di gelo. Così si fa il teatro. Così ho fatto!»

Eduardo De Filippo, noto semplicemente come Eduardo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984), è stato un drammaturgo, attore, regista, poeta e senatore a vita italiano.Fra i massimi esponenti della cultura italiana del Novecento, è stato autore di numerosi drammi teatrali da lui stesso messi in scena e interpretati e, in seguito, tradotti e rappresentati da altri anche all'estero. Per i suoi meriti artistici e i contributi alla cultura, fu nominato Senatore a vita dall'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Fu nominato per il premio Nobel per la letteratura.

 

Una famiglia allargata.

Figlio naturale dell'attore e commediografo Eduardo Scarpetta e della sarta teatrale Luisa De Filippo (1878-1944), di venticinque anni più giovane di lui, Eduardo e i suoi fratelli furono riconosciuti come figli dalla madre da cui assunsero il cognome De Filippo.

Eduardo Scarpetta si era sposato il 16 marzo 1876 con Rosa De Filippo (sorella di Luca De Filippo padre di Luisa De Filippo), da cui ebbe tre figli: Domenico, Maria e Vincenzo.Dalla relazione extra-coniugale di Scarpetta con Luisa De Filippo nacquero Titina, Peppino ed Eduardo.

Figlio d'arte Eduardo nasce a Napoli nel quartiere Chiaia (secondo alcuni in via dell'Ascensione n. 3, per altri in via Giovanni Bausan n. 15).

A soli quattro anni è condotto per la prima volta su un palcoscenico, portato in braccio da un attore della compagnia di Scarpetta, Gennaro Della Rossa, in occasione di una rappresentazione dell'operetta La Geisha, al Teatro Valle di Roma. Cresce nell'ambiente teatrale napoletano insieme alla sorella maggiore Titina, che aveva già agli inizi degli anni '10 un suo posto nella compagnia di Vincenzo Scarpetta (uno dei figli legittimi di Scarpetta) e al fratello minore Peppino, che assieme ad Eduardo di tanto in tanto viene convocato per qualche apparizione in palcoscenico. Nel 1912 i De Filippo vanno ad abitare in via dei Mille, e sia Eduardo che Peppino vengono mandati a studiare al Collegio Chierchia, a Foria; qui, tra tentativi di fughe ed insofferenze varie, il piccolo Eduardo inizia a dilettarsi nella scrittura, producendo la sua prima poesia, con versi scherzosi dedicati alla moglie del direttore del collegio. Rientrato a casa, parte per Roma in cerca di indipendenza economica, ospite di una zia ed in cerca di qualche lavoretto nell'ambiente cinematografico, ma senza successo. Tornato a Napoli si cimenta nelle sue prime prove d'attore: prima recita nella rivista di Rocco Galdieri, poi nella compagnia di Enrico Altieri, quindi in altre compagnie come la Urciuoli-De Crescenzo e la Compagnia Italiana. Ed è così che, tra un teatro e l'altro (San Ferdinando, Orfeo, Trianon) conosce Totò, che sarebbe diventato un suo grande amico.

 

Nella compagnia di Vincenzo Scarpetta.

Nel 1914 Eduardo entra stabilmente nella compagnia del fratellastro Vincenzo Scarpetta, raggiungendo così la sorella Titina; tre anni dopo, con l'ingresso nella compagnia di Peppino, i tre fratelli si ritrovano a recitare insieme. Alla fine della guerra, Eduardo presta servizio di leva nei Bersaglieri (II Reggimento, di stanza a Trastevere) ed è incaricato dal comando di organizzare piccole recite per i soldati, di cui è anche autore oltre che attore e direttore di compagnia. Durante questo periodo matura sempre di più la voglia e la capacità di essere anche autore e regista oltre che attore, giungendo a scrivere nel 1920 la sua «prima commedia vera e propria», Farmacia di turno, atto unico dal finale amaro rappresentato l'anno successivo dalla compagnia di Vincenzo Scarpetta. Dal fratellastro, Eduardo eredita, tra l'altro, anche quella severità e quel rigore che lo caratterizzeranno per tutta la vita sul lavoro e nei rapporti con gli altri; caratteristiche sovente enfatizzate da una sorta di leggenda ma che hanno senza dubbio un fondo di verità. Vincenzo Scarpetta propone in quell'epoca un repertorio essenzialmente basato sulle commedie del celebre padre oltre a ad altre commedie, a spettacoli di rivista e a sparute incursioni nel cinema, riscuotendo un buon successo di critica e di pubblico.

Nel 1922 scrive Ho fatto il guaio? Riparerò! che va in scena al Teatro Fiorentini quattro anni dopo e che prende in seguito il titolo definitivo di Uomo e galantuomo; in questa commedia, tra le più comiche del repertorio eduardiano, l'autore introduce del temi che saranno una costante in numerose opere successive, come la pazzia (vera o presunta) e il tradimento, con un certo sentore pirandelliano che riporta ai Sei personaggi in cerca d'autore nel primo atto e al Ciampa de Il berretto a sonagli nel secondo, seppur seguendo nella struttura del testo, il modello scarpettiano della farsa tradizionale. Curiosa la citazione che Eduardo inserisce nella commedia, quasi a mo' di rivalsa, del lavoro di Libero Bovio Mala nova: riferimento ironico che il drammaturgo e poeta napoletano non gradì. Il rilievo che Eduardo acquisisce nella compagnia di Scarpetta è già notevole, nonostante la giovane età; ciò lo porta anche a maturare, specie nelle stagioni teatrali estive, esperienze diverse come le recite con i cosiddetti "seratanti" nel 1921 o come la messa in scena di Surriento gentile, idillio musicale di Enzo Lucio Murolo opera per la quale Eduardo cura, per la prima volta nella sua lunga carriera, la regia (16 settembre 1922). Dopo la morte di Eduardo Scarpetta (29 novembre 1925), Eduardo va a convivere con una giovane di nome Ninì, per la quale compone alcune poesie d'amore (tra cui E mmargarite, la più antica tra quelle in seguito pubblicate); viene raggiunto quindi dal fratello Peppino, che nel frattempo ha recitato senza alcun positivo riscontro economico, con la Compagnia Urciuoli, e che forse spera di poter anch'egli essere scritturato da Scarpetta. Ma Eduardo decide di tentare l'avventura del teatro in lingua e si fa scritturare nella compagnia di Luigi Carini come attore "brillante" convincendo l'impresario a prendere anche Peppino. Ma Peppino ci ripensa per entrare nella Compagnia Vincenzo Scarpetta come sostituto del fratello. La parentesi dura poco ed Eduardo rientra nei ranghi, scrivendo nel 1926 Requie a l'anema soja (poi diventata I morti non fanno paura) in cui recita vestito da "vecchio"; così dirà, molti anni dopo in un'intervista: «Non vedevo l'ora di diventare vecchio: così, pensavo, non avrò più bisogno di truccarmi. E poi, se faccio il vecchio da adesso, lo posso portare avanti. Se invece mi metto a fare il giovane, presto diranno: "È invecchiato!"». Il tema della pazzia, stavolta vera e non presunta, torna prepotentemente nella commedia successiva, dal titolo emblematico di Ditegli sempre di sì che la compagnia di Scarpetta rappresenterà per la prima volta nel 1927.

 

Le prime esperienze in proprio.

Al termine della stagione teatrale del 1927, Eduardo tenta un esperimento "in proprio", mettendo su una sorta di cooperativa di attori senza produttore né finanziatore diretti, e per la quale chiama i fratelli Peppino e Titina a recitare in un sodalizio artistico con Michele Galdieri (amico di Eduardo e figlio del poeta Rocco); nasce così la Compagnia Galdieri-De Filippo, di cui Eduardo è il direttore, che debutta con successo al Fiorentini di Napoli il 27 luglio con lo spettacolo dal titolo scaramantico La rivista ...che non piacerà. In quel periodo Eduardo conosce Dorothy Pennington ("Dodò"), un'americana di Philadelphia di cui si innamora, nonostante l'avversione della famiglia di lei, e che sposa a Roma con il rito evangelico il 12 dicembre 1928. Intanto proseguono i tentativi di mettersi in proprio assieme ai fratelli e ancora come attore, autore e capocomico lavora nella De Filippo - Comica Compagnia Napoletana d'Arte Moderna. Sempre nel 1928 scrive l'atto unico Filosoficamente, che propone una sorta di ritratto della rassegnazione di un piccolo borghese; il testo però è il solo dell'autore napoletano a non essere mai stato portato sulla scena. Nel 1929, usando degli pseudonimi (R. Maffei, G. Renzi e H. Retti), Eduardo e Peppino mettono in scena lo spettacolo comico Prova generale. Tre modi di far ridere, lavoro in tre atti con prologo ed epilogo di Galdieri, rappresentato al Fiorentini. Numerose saranno negli anni a venire, le volte in cui Eduardo si firmerà, come autore teatrale con vari pseudonimi (tra i più noti, Tricot, Molise, C. Consul); ciò al fine di superare le difficoltà che aveva in quegli anni a farsi riconoscere dagli impresari i suoi diritti d'autore.

 

"La Ribalta Gaia".

Ma ben presto, Eduardo, Peppino e Titina vengono chiamati dall'impresario della Compagnia Molinari, appena privatasi dell'apporto di Totò che vi aveva recitato, a costituire una ditta autonoma all'interno della compagnia stessa, la Ribalta Gaia, assieme a Pietro Carloni, Carlo Pisacane, Agostino Salvietti, Tina Pica e Giovanni Bernardi. I tre ottennero un buon successo nella rivista Pulcinella principe in sogno.... Ed è all'interno dello spettacolo che viene inserita, come sketch, Sik-Sik, l'artefice magico, tra le commedie più riuscite del periodo giovanile eduardiano, rappresentata al Teatro Nuovo nel 1929 (secondo alcuni nel 1930). Lo spettacolo, che narra con ilarità malinconica i risvolti amari della vita di un artista tormentato, povero e anche un po' filosofo, ottiene a Napoli un clamoroso successo di critica e di pubblico che viene in parte a mancare nella successiva rappresentazione estiva a Palermo, dove Titina, inadatta al ruolo per lei non consono di soubrette, viene fischiata. Eduardo è lanciato verso il successo e collabora anche agli altri copioni della Compagnia Molinari, come autore (con Mario Mangini in Follia dei brillanti e La terra non gira, con Carlo Mauro in La signora al balcone, con Mangini e Mauro in C'era una volta Napoli, Le follie della città, È arrivato 'o trentuno, S'è 'nfuocato o sole!, Cento di questi giorni e Vezzi e riso).

 

Il Teatro Umoristico "I De Filippo".

Dal 1931 finalmente il sogno dei tre fratelli d'arte di recitare assieme in una compagnia tutta loro diventa realtà. Eduardo fonda, raccogliendo l'adesione dei fratelli, la compagnia del Teatro Umoristico "I De Filippo", che debutta con successo a Roma. Dopo alcune recite a Milano, la compagnia è a Napoli al Teatro Kursaal (poi Filangieri) dove rappresentano O chiavino di Carlo Mauro, Sik-Sik e per la prima volta la commedia scritta da Peppino Don Rafele 'o trumbone. Vanno quindi in scena l'adattamento L'ultimo Bottone (di Munos Seca e Garcia Alvarez) e una nuova commedia scritta da Eduardo dal titolo Quei figuri di trent'anni fa (titolo originario mutato per la censura, La bisca). Gli ultimi giorni dell'estate i De Filippo sono a Montecatini dove presentano alcuni sketch assieme alla soubrette emergente Ellen Meis, senza riscuotere particolare successo, prima di tornare a recitare per l'ultima volta con la Molinari. Il 1931 è anche l'anno in cui Eduardo presenta, sotto lo pseudonimo di Tricot, Ogni anno punto e da capo, in occasione di una serata della festa di Piedigrotta dedicata alla canzone al Teatro Reale, la cui prima rappresentazione avviene al Teatro Nuovo, all'interno dello spettacolo di rivista Cento di questi giorni, in occasione di una serata in onore del fratello Peppino. La scatenata verve comica dei tre fratelli risaliva alle forme farsesche dell'antica commedia dell'Arte, che Eduardo conosceva bene avendola studiata e non condividendone la visione che gli studiosi avevano di essa: si dimostrò, infatti, critico verso l'agiografia degli attori che ne veniva fatta.

 

Natale in casa Cupiello.

La commedia forse più nota di Eduardo, Natale in casa Cupiello, portata in scena per la prima volta al Teatro Kursaal di Napoli, il 25 dicembre 1931, segna di fatto l'avvio vero e proprio della felice esperienza della Compagnia del "Teatro Umoristico I De Filippo", composta dai tre fratelli e da attori già famosi o giovani alle prime armi che lo diventeranno (Agostino Salvietti, Pietro Carloni, Tina Pica, Dolores Palumbo, Luigi De Martino, Alfredo Crispo, Gennaro Pisano). A giugno Eduardo aveva firmato un contratto con l'impresario teatrale che lo impegnava per soli nove giorni di recite per presentare il suo nuovo atto unico subito dopo la proiezione di un film. Il successo della commedia fu tale che la durata del contratto fu prolungata sino al 21 maggio1932. Nata come atto unico (l'odierno 2°), Eduardo aggiunse alla commedia altri due atti, quello di apertura (nel 1932 o 1933) e quello conclusivo, dalla cronologia piuttosto controversa (per alcuni fu scritto nel 1934, secondo altri addirittura nel 1943, secondo un'ipotesi più probabile ed avallata più tardi anche dallo stesso autore che però definirà anche più tardi la commedia come «parto trigemino con una gravidanza durata quattro anni»). Nel Natale eduardiano tutto ruota attorno ad un pranzo natalizio che viene scosso da un dramma della gelosia. Sullo sfondo, il ritratto tragicomico del protagonista, Luca Cupiello, figura ingenua di un vecchio con comportamenti fanciulleschi ed immerso nelle sue fantasie e nel suo amore per il presepe, cui si dedica con passione, apparentemente incurante delle tragiche vicende familiari che gli ruotano attorno. Aspetti autobiografici sono rilevabili nella commedia, sebbene mai confermati dall'autore: i nomi dei protagonisti, Luca e Concetta, sono i medesimi infatti dei nonni di Eduardo.

 

L'avanspettacolo.

Il prolungamento del contratto al Kursaal costringe la compagnia ad un superlavoro, dovendo cambiare spettacolo in cartellone praticamente ogni settimana, come consuetudine in quegli anni di avanspettacolo, dove si recitava subito dopo la proiezione di un film. Numerosi sono i lavori portati in scena: oltre a Natale in casa Cupiello, la compagnia proponeva sovente Sik-Sik, Quei figuri di trent'anni fa oppure commedie in collaborazione con Maria Scarpetta, sorellastra di Eduardo, come Parlate al portiere, Una bella trovata, Noi siamo navigatori, Il tè delle cinque, Cuoco della mala cucina. Curioso è l'episodio della parodia di Cavalleria rusticana che la compagnia portava in scena e che turbò Pietro Mascagni al punto da farne bloccare le repliche. Nell'estate del 1932, la compagnia si trasferisce al cinema-teatro Reale mietendo un buon successo di pubblico e di critica; i tre fratelli vengono ormai chiamati semplicemente con il loro nome di battesimo, Eduardo, Peppino e Titina.

 

Al Sannazaro.

Proprio quando i piccoli cinema-teatri dell'avanspettacolo iniziano a stare stretti alla compagnia "I De Filippo", e nello stesso tempo in cui Eduardo e Peppino sono impegnati con Tito Schipa nella lavorazione nel film Tre uomini in frac di Mario Bonnard, l'impresario Armando Ardovino delTeatro Sannazaro li scrittura per la stagione risollevando le sorti del celebre teatro napoletano in decadenza dove nel 1889 aveva debuttato la commedia Na santarella di Eduardo Scarpetta. Il nuovo sodalizio, che perde Salvietti ma mantiene tra gli altri, Carloni e Pisano, vede una maggiore presenza di Titina come prima attrice della compagnia; il debutto è datato 8 ottobre 1932 con Chi è cchiu' felice 'e me! (due atti di Eduardo, scritta nel 1929) e Amori e balestre (atto unico di Peppino). Si inizia così a formare un primo "repertorio eduardiano" che la compagnia "I De Filippo" porta sulle scene, alternandolo con lavori scritti da Peppino e Titina stessi o da Maria Scarpetta, Ernesto Murolo e Gino Rocca.

 

La conquista dell'Italia.

Eduardo inizia a sentire il bisogno di abbandonare il "provincialismo" napoletano della compagnia e, anche spinto da benevoli spunti della critica decide che è giunto il momento per la sua compagnia di operare il decisivo salto di qualità per iniziare a calcare i più prestigiosi teatri italiani. Fu decisivo in tal senso l'incontro casuale con Luigi Pirandello, che ebbe come conseguenze una grande interpretazione dell'opera Berretto a sonagli nei panni di Ciampa (1936), la messa in scena di Liolà e la scrittura della commedia L'abito nuovo. Il 20 dicembre 1944 recitò per l'ultima volta, al teatro Diana di Napoli, accanto a Peppino, con il quale esplose il diverbio finale: quindi fondò la nuova compagnia teatrale che si chiamò semplicemente "Il Teatro di Eduardo".

 

La ricostruzione del Teatro San Ferdinando

Nel 1948 egli acquistò il semidistrutto Teatro San Ferdinando di Napoli, investendo tutti i suoi guadagni nella ricostruzione di un antico teatro ricco di storia, mentre Napoli viveva una triste stagione all'insegna della più assurda speculazione edilizia. Il San Ferdinando fu inaugurato il 22 gennaio 1954 con l'opera Palummella zompa e vola. Eduardo cercò di salvaguardare la facciata settecentesca dello stabile realizzando all'interno un teatro tecnicamente all'avanguardia per farne una "casa" per l'attore e per il pubblico. Al San Ferdinando interpretò le sue opere, ma mise in scena anche testi di autori napoletani per recuperare la tradizione e farne un "trampolino" per un nuovo Teatro.Adottò il parlato popolare, conferendo in questo modo al dialetto napoletano la dignità di lingua ufficiale, ma elaborò una lingua teatrale che travalicò napoletano ed italiano per diventare una lingua universale. Non vi è dubbio che l'azione e l'opera di Eduardo De Filippo siano state decisive affinché il "teatro dialettale", precedentemente giudicato di second'ordine dai critici, fosse finalmente considerato un "teatro d'arte".Tra le opere più significative di questo periodo meritano una citazione particolare Napoli milionaria! (1945), Questi fantasmi! e Filumena Marturano (entrambi del 1946), Mia famiglia (1953), Bene mio e core mio (1956), De Pretore Vincenzo (1957), Sabato, domenica e lunedì (1959) scritto apposta per l'attrice Pupella Maggio nei panni della protagonista.Tutto il teatro di Eduardo ruota attorno alla famiglie e alle sue dinamiche: non è un caso che anche molti dei titoli delle sue opere rimandano a tale tema. E si tratta anche di una particolare famiglia, quella della piccola e media borghesia meridionale. Non è un caso che tutte le sue ambientazioni sono situate nei primi piani dei palazzi e della strada arriva solo un'eco. L'unica commedia in cui la vita del vicolo (e la storia collettiva) vi entra, è Napoli milionaria! ambientata in una di quelle caratteristiche abitazioni situate a piano terra. L'antropologo Stefano De Matteis sostiene che il teatro di Eduardo è un grande esperimento "etologico" nel senso che studia come si comportano gli uomini costretti a vivere l'uno vicino all'altro e come nascono le situazioni di conflitto, contrapponendolo al teatro di Raffaele Viviani che invece è il grande racconto sociologico dei vicoli di Napoli.

 

L'impegno politico.

Eduardo non abbandonò mai il suo impegno politico e sociale che lo vide in prima linea anche ad ottant'anni quando, nominato senatore a vita  lottò in Senato e sul palcoscenico per i minori rinchiusi negli istituti di pena. Nel 1962 partì per una lunga tournée in Unione Sovietica, Polonia ed Ungheria dove poté toccare con mano la grande ammirazione che pubblico ed intellettuali avevano per lui.Tradotto e rappresentato in tutto il mondo, combatté negli anni sessanta per la creazione a Napoli di un teatro stabile. Continuò ad avere successo e nel 1963 gli venne conferito il "Premio Feltrinelli" per la rappresentazione Il sindaco del rione Sanità (da cui nel 1997 sarà tratto un film interpretato da Anthony Quinn). Del 1973 è Gli esami non finiscono mai, allestito con successo per la prima volta a Roma: tale commedia gli permise di vincere il "premio Pirandello" per il teatro l'anno successivo. Dopo aver ricevuto due lauree honoris causa (prima a Birmingham nel1977 e poi a Roma nel 1980) nel 1981 fu nominato senatore a vita e aderì al gruppo della Sinistra Indipendente.Quando morì, la camera ardente venne allestita al Senato e dopo le solenni esequie trasmesse in diretta televisiva e il commosso saluto di oltre trentamila persone fu sepolto al cimitero del Verano.Nel teatro italiano, la lezione di Eduardo resta imprescindibile non solo per quanto concerne la contemporanea drammaturgia napoletana (Annibale Ruccello ed Enzo Moscato) e tutta quella fascia di "spettacolarità" tra cinema-teatro-televisione che ha riconosciuto in Massimo Troisi il proprio campione; ma tracce dell'influenza di Eduardo si riconoscono anche in Dario Fo ed in tutta una serie di giovani "attautori" come Ascanio Celestini (soprattutto in merito al linguaggio) o di personalità sconosciute al grande pubblico che lavorano nell'ambito della "ricerca" (si ricordi ad esempio Gaetano Ventriglia).

 

Il cinema.

Dal 1932 Eduardo De Filippo entrò prepotentemente anche nel mondo del grande schermo, sia come attore che come regista (ed occasionalmente anche come sceneggiatore): il suo esordio sul set avvenne con Tre uomini in frac di Mario Bonnard (1932). Eduardo venne scritturato assieme al fratello Peppino da Giuseppe Amato che li aveva visti recitare al Teatro Kursaal di Napoli. Il film aveva come protagonista il celebre cantante Tito Schipa al quale i due fratelli fanno da spalla. La prima regia di Eduardo fu nel film, di cui fu anche interprete, In campagna è caduta una stella del 1940.Amico e collaboratore di Vittorio De Sica, per Vittorio egli inventò alcuni personaggi divertenti in alcune pellicole (Tempi nostri e L'oro di Napoli) e curò la sceneggiatura di Matrimonio all'italiana (1964), remake di Filumena Marturano, film diretto da Eduardo nel 1951 con lui e la sorella Titina protagonisti. Nel 1950 diresse e interpretò con Totò Napoli milionaria!. Seguì nel 1953 il film Napoletani a Milano che fu anche presentato nella selezione ufficiale della 14ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.Dopo la regia di Spara forte, più forte... non capisco! del 1966 Eduardo abbandonò il cinema per dedicarsi alla TV, per la quale ripropose le sue commedie per tutto il decennio successivo e, nel 1984, l'anno della sua morte, interpretò il suo ultimo ruolo: il vecchio maestro nello sceneggiato Cuore, diretto da Luigi Comencini e tratto dal libro di Edmondo De Amicis.Eduardo avrebbe dovuto partecipare al film Porno-Teo-Kolossal di Pier Paolo Pasolini, rimasto incompiuto per la morte prematura del regista.

 

Vita privata.

« 'A vita è tosta e nisciun' t'aiuta. O meglio c'sta chi t'aiuta, ma una volta sola... pè putè di': "T'aggio aiutato". »

La vita privata di Eduardo, frenetica e confusa nel periodo pre-bellico, trovò invece pace e serenità negli anni della vecchiaia.Tre sono state le donne importanti e straordinarie nella sua vita: Dorothy Pennington (una giovane e colta americana che sposò nel 1928; il matrimonio fu annullato nel 1952 con sentenza del tribunale della Repubblica di San Marino, poi convalidata anche da quello di Napoli nel 1955),Thea Prandi (madre dei suoi figli Luisa e Luca, sposata il 2 gennaio 1956) e, infine, Isabella Quarantotti, scrittrice e sceneggiatrice che sposò il 4 febbraio 1977. Tre mesi dopo, suo figlio Luca lo fa diventare nonno.Nel corso di pochi anni sopportò gravi lutti familiari: prima la morte della figlia Luisella, avvenuta il 5 gennaio 1960, poi quella della moglie (da cui si era peraltro separato l'anno prima), il 9 giugno 1961 ed infine l'addio alle scene (1953) e la morte (1963) di Titina, la sorella da sempre "ago della bilancia" tra le forti personalità di Eduardo e di Peppino. Il 4 marzo 1974, in seguito a un malore durante una rappresentazione scenica, gli fu applicato un pacemaker; tuttavia il 27 marzo era di nuovo sul palcoscenico.

Dissidio tra Eduardo e Peppino

Nel 1944, Peppino lascia la compagnia, per via di contrasti con il fratello Eduardo (dovuti anche alla relazione che Peppino aveva iniziato con Lidia Maresca, che divenne poi la sua seconda moglie). Questa separazione consentirà a Peppino di trovare un suo stile come autore, distinguendosi da Eduardo per il tono delle sue commedie, più leggero.Ci furono voci di riconciliazione con il fratello Peppino in occasione della malattia di questi nel 1980, ripetute anche di recente dal figlio Luigi:« Anni e anni dopo, quando mio padre si ammalò, avvisai Eduardo. Un po' si fece pregare, ma poi riuscii ad accompagnarlo in clinica; li lasciai da soli. Avevano tante cose da dirsi e poco tempo. Devo ammettere che come famiglia siamo stati molto uniti in scena, ma una volta chiuso il sipario, ognuno faceva la sua vita. Ho continuato a vedere Eduardo anche dopo il litigio. »Secondo alcuni scrittori di argomenti teatrali i due fratelli in realtà non riuscirono a ricomporre i propri dissidi. "I giornali scrissero quello che il pubblico voleva leggere"Anche in occasione della morte di Titina nel 1963, Eduardo e Peppino avevano litigato accesamente, davanti alla sorella defunta e agli attoniti familiari di lei, a proposito del luogo di sepoltura.Si è scritto che, alla notizia del peggioramento delle condizioni di Peppino, Eduardo andò sì a fargli visita ma una volta morto il fratello non partecipò alle esequie e la sera, rivolto al pubblico del teatro Duse di Bologna, disse: "Adesso mi manca. Come compagno, come amico, ma non come fratello".]

 

L'eredità.

« Eduardo è un puro napoletano; ma non c’è attore più avaro di lui nei movimenti. Non si accontenta di dominare la scena; concentra su di sé la sala intera… E questo, con un’economia fisica quasi irreale. Non c’è un suo equivalente fra gli attori di cinema, che si pensa siano costretti a trattenersi dalla vicinanza della macchina da presa. Ma, anche quando recita nella sala più grande, Eduardo riesce a proiettarsi in «primo piano» fino in fondo al loggione. È il più grande attore del mondo. »(Orson Welles).

L'aver recitato al fianco di Eduardo è stato, per gli attori già noti al grande pubblico, il coronamento della carriera artistica; per altri, ancora sconosciuti, un irripetibile trampolino di lancio.

 

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